“Un ragazzo di 22 anni originario della Sierra Leone, Alhaji Turay, ha subito un’aggressione razzista da parte di un gruppo di ragazzi che hanno forzato la porta della sua abitazione a Trepuzzi, dove vive e lavora come custode di impianti sportivi, e una volta entrati gli hanno detto «nero, tornate a casa». Quando il ragazzo ha provato a scappare dalla finestra, uno degli aggressori gli ha lanciato una sedia sulla schiena”
Episodi
di violenza nei confronti di chi è ritenuto “un diverso”, sono oramai fatti di
cronaca quotidiana.
Oggi è la “giornata della memoria” dedicata al ricordo delle vittime dell’Olocausto, per non dimenticare. A quanto pare, però, i giovani d’oggi stanno lentamente perdendo la percezione di cosa l’odio ha provocato nei fatti raccontati dalla storia, ritenuta “passata” e di poco interesse attuale.
Non
hanno più nonni che testimoniano ciò che l’odio ha provocato negli anni ’30 e ’40;
hanno genitori che hanno vissuto la loro infanzia in un’epoca di pace e di
benessere e che hanno sostituito lentamente il rispetto e l’amore verso il
prossimo con quello verso se stesso.
I
social hanno fatto il resto.
Chi
utilizza quotidianamente questa forma di comunicazione ha modo di costatare
come si stia perdendo la capacità di confrontarsi e di accettare opinioni
diverse con rispetto e educazione.
Siamo
diventati tutti portatori di verità assoluta.
Persino
nel mondo cattolico in cui “ama il prossimo come te stesso” dovrebbe essere il
pilastro di vita, si stanno formando gruppi in cui il rancore e la rabbia verso
chi interpreta il Vangelo in modo diverso dal proprio hanno il sopravvento.
E allora che senso ha
ricordare il genocidio nazista se poi non ci fermiamo in questa lotta per il
diverso? E con questo non mi riferisco ai migranti ma a ciò che avviene nella
quotidianità: nella rabbia contro il vicino o contro chi intralcia il tuo
percorso in macchina o contro chi ha opinioni diverse e potrei andare avanti
all’infinito.
Che fine ha fatto la gentilezza nei nostri rapporti umani? Se non ci fermiamo a riflettere e non recuperiamo i valori rivolti al bene, il male lentamente inghiottirà la nostra umanità e come scrisse Charles Baudelaire nella poesia introduttiva “Al lettore” del libro “I fiori del male”:
“Scopriamo un fascino nelle cose ripugnanti; ogni giorno d’un passo, col fetore delle tenebre, scendiamo verso l’Inferno, senza orrore.”
Da sempre il teschio è relazionato con l’idea della morte.
I pirati lo utilizzavano, infatti, nelle loro bandiere per terrorizzare il nemico e indurlo alla resa.
Nel nazismo il simbolo delle “teste di morto”, il Totenkopf, caratterizzava alcuni dei berretti degli ufficiali e dei carristi. Emblema della 3.
SS-Panzerdivision “Totenkopf”, noto per essere anche simbolo di tutti gli
inquadrati nelle SS-Totenkopfstandarte, i reggimenti a capo dei campi di
concentramento nazisti.
Nell’arte,
in particolare in quella cristiana, era impiegato come elemento di meditazione sulla morte.
In Messico, addirittura si dedica la festa “Día de los Muertos” o Il Giorno dei Morti, in cui si esorcizza la morte ridendo di essa.
Usato in simboli di rischio chimico e nei
cartelli per il trasporto di merci pericolose.
Talvolta rappresentazione della saggezza e
dello spirito dell’uomo, come nel caso del suo impiego nella simbologia massonica
dove il teschio sovrasta due ossa incrociate o due spade.
Nonostante sia assodato il suo collegamento con
la morte e con la transitorietà della vita, da anni assistiamo a
un’avanzata del teschio come simbolo nella moda, soprattutto giovanile:
colorato, tenebroso, buffo, è protagonista indiscusso nell’abbigliamento, nei
tatuaggi e nella realtà ludica.
Lo ritroviamo negli accessori come le spille fosforescenti, negli anelli, nelle collane, negli orecchini, nei gemelli per le camicie. E’ presente nelle cravatte, nel papillon, nelle bretelle, nei foulard, nei berretti, nelle bandane, nei portafogli, nelle borse, negli zaini, nelle scarpe.
Passando agli abiti, il simbolo compare nelle magliette, nelle felpe, negli abiti e nei pantaloni e persino nell’abbigliamento sportivo.
Teschi tempestati di strass e finti diamanti pagati come se fossero veri.
Anche quando facciamo colazione ci delizia del suo volto nelle tazze o mentre studiamo, nelle matite, nelle penne, nei quaderni o mentre parliamo al telefono.
Nei tatuaggi è uno dei simboli preferiti. Nella cute tappezzata di simboli e disegni è sempre dedicato uno spazio, più o meno considerevole, al simbolo della morte per eccellenza.
Che dire dei giochi? Mazzi di carte, giochi da tavolo come Yu–Gi–Oh o Magic ad esempio, giochi di ruolo come Kult, videogiochi come Grim Fandango o Fortnite l’incubo.
Pur essendo talvolta simpatico o allegro, è pur sempre collegato con il simbolo della morte.
Perché allora non sostituirlo con il sole che ci scalda ed è fonte di vita? Perché non tappezzare la vita dei nostri figli con simboli gioiosi?
Il giorno 18 gennaio Lucia Ascione, conduttrice della trasmissione “Beltempo si spera”, TV 2000, ha ospitato il giornalista David Murgia e Padre Francois Dermin, esorcista e Presidente del GRIS, per parlare del furto di ostie consacrate e dei sospetti di satanismo avvenuto nella cappella dell’ospedale di Monte Sant’Angelo i cui autori, in seguito identificati, erano due ragazzini di 12 e 14 anni.
Nel corso dell’anno 2018 sono diversi i casi di sparizione per furto delle particole. E’ successo nella parrocchia di San Martino Vescovo, a Musano di Trevignano, a Modena, nella chiesa interna all’ospedale di Baggiovara, ad Ancona nella chiesa di San Francesco alle Scale, nella diocesi di Padova e in particolare nella parrocchia di San Giacomo a Monselice, nella cappella dell’ospedale “Riuniti” di Anzio. Talvolta questi atti sacrileghi sono frutto di qualche “bravata” da parte di ragazzi, per dar luogo a “ritualità fai da te” in un contesto di satanismo acido giovanile.
Altre volte, dietro a questi furti si cela una realtà ben più tenebrosa rappresentata dalle sette sataniche o da operatori dell’occulto, disposti a pagare le ostie consacrate con un prezzo che oscilla dai 50 ai 150 euro ciascuna.
La Particola, infatti, è il Corpo di Cristo, nutrimento per i credenti.
Nel mondo esoterico è lo
strumento per ottenere poteri e per rendere più efficace l’azione di filtri e
pozioni, attraverso un patto con il demonio a cui si offre il “Santissimo” come
contropartita.
Quando il Corpo di Cristo cade nelle mani dei satanisti, è utilizzato nelle messe nere per evocare il demonio e per ottenere potere, successo e ricchezza in cambio della sottomissione.
In tali riti l’Ostia
consacrata è utilizzata per il sacrilegio della comunione che avviene
intingendola nel calice contenente un elisir, composto di sperma e secrezioni
vaginali, per poi ingoiarla, operazione compiuta da tutti i partecipanti.
Secondo il dottor Luigi Corvaglia, membro della Federazione Europea dei Centri di ricerca e informazione sul settarismo, in Italia sono presenti almeno dieci sette sataniche «strutturate e organizzate». «Ciascuna con almeno cento adepti». A queste si deve aggiungere il numero delle sette fai da te, impossibili da calcolare. «Gruppi che spesso sono responsabili di fatti di sangue, mutilazioni di animali e atti vandalici».
Chi di noi non ha mai giocato al Gioco dell’Oca? E’ un gioco antichissimo, le cui origini risalgono nel 1580 quando Ferdinando I De’ Medici donò la propria versione al Re di Spagna Filippo II.
Alcuni ipotizzano che il gioco si chiamasse
così perché in premio al vincitore era offerta un’oca.
Nel XVII secolo il gioco apparve per la prima
volta in Inghilterra ma si diffuse velocemente per tutta l’Europa.
Di che cosa si tratta? Di un tabellone in cui è disegnato un percorso a spirale composto di 63 o 90 caselle, contrassegnate con numeri o altri simboli.
Non richiede strategia e la modalità di gioco è molto semplice: i partecipanti, identificati con dei segnalini, attraverso il lancio di due dadi, si muovono, dalla casella di partenza, di un numero di caselle pari alla somma del lancio.
Vince chi riesce a raggiungere per primo l’ultima
casella del circuito.
Logicamente ci sono alcuni ostacoli che rendono
più coinvolgente il gioco: alla casella 19 (casa o locanda), ad esempio, si
paga la posta e si rimane fermi per tre turni oppure alla casella 58
(scheletro) si paga la posta e si ritorna alla casella 1.
Esiste una reinterpretazione alchemica di questo gioco da tavolo in cui nel tabellone è descritto il rito d’iniziazione massonico: Il Gioco dell’Ouroboros.
Il percorso si apre con la
soglia in cui gli opposti, il bianco e il nero, si toccano: l’arrivo è il
preludio per una nuova partenza e la fine annuncia un nuovo inizio.
Nella casella 3 troviamo l’acrostico
V.I.T.R.I.O.L: “Visita Interiora Terrae,
Rectificando, Invenies Occultum Lapidem”. L’invito è il seguente: “Visita
l’interno della Terra e, rettificando, troverai la pietra nascosta”.
Presente nella parete nord del gabinetto di riflessione, cameretta oscura, in cui vengono isolati
i profani prima della cerimonia di iniziazione.
Durante il percorso l’iniziato intraprende un viaggio speciale, quello dell’esistenza, che lo porterà a perfezionare se stesso attraverso le conoscenze alchemiche e tramite una serie di prove da superare. Al posto delle Oche si trovano 6 Ouroboros ( serpente o drago che si morde la coda, formando un cerchio senza inizio né fine) che iniziano dal numero 9 e arrivano al numero 54.
La struttura è composta come nel gioco originale da Stazioni o Caselle; i significati delle immagini sono, in questo caso, esclusivamente alchemici e nascondono prove, abilità o piani esistenziali che l’iniziato deve affrontare e superare idealmente.
Le facilitazioni rappresentano un compenso per un sacrificio precedente mentre le retrocessioni non sono reali punizioni ma opportunità per trasformare gli errori in esperienza: ad esempio se si cade nella casa dell’Ira (31) s’indietreggia fino alla casa del Vaso (8) per far ritornare l’animo calmo.
Le sette porte, in cui capitandovi sopra si resta fermi per un turno, sono un’occasione per riflettere sul cammino intrapreso e sono caratterizzate da disegni alchemici: la prima (casella 7) contiene il simbolo del mercurio, la seconda (casella 14) del rame/ venere, la terza (casella 21) del ferro/marte, la quarta (casella 28) di giove/stagno…
Al posto dei dadi si
utilizzano due solidi platonici numerati dall’uno al sei.
Il gioco dell’Oca, da noi tutti considerato un innocente passatempo infantile può, in realtà, dare atto ad interpretazioni di tipo alchemico.
Una moda che imperversa tra i giovani e l’utilizzo dei “filtri ritocco” nei selfie da postare nei diversi social.
Il fenomeno ha dato luogo alla “Snapchat
dismorphia”, espressione coniata dal dott. Tijion Esho, un medico cosmetico.
Di
cosa si tratta? È l’ossessione dell’utilizzo del “filtro bellezza” dei social, come Snapchat o Instagram, per
ritoccare la propria immagine, facendola apparire dall’aspetto più giovanile
grazie alla pelle più levigata e senza rughe, o con connotati del corpo
modificati: occhi più grandi o labbra più carnose, glutei più tonici, seno più
prosperoso o addominali più scolpiti.
Facetune è tra le più scaricate; in poche mosse permette
di sbiancare i denti, ridurre la silhouette, aggiustare la linea del viso e molto
ancora se a pagamento.
In
questa patologia dalla modifica virtuale si passa a quella reale, tramite il ricorso
della chirurgia plastica, a causa del desiderio di apparire
meglio nei selfie così come nelle foto modificate.
Un studio effettuato dal Telefono Azzurro Onlus,che
ha coinvolto millecinquecento giovani di età compresa tra gli undici e
diciannove anni su tutto il territorio italiano, evidenzia quanto gli adolescenti siano preoccupati della
loro immagine e aspetto fisico:
il 44% delle ragazze non si piace e il 42% dei maschi vorrebbe essere piùmuscoloso; il 49%, ammette
di aver ridotto drasticamente il cibo, proprio per via dell’aspetto estetico
che non corrisponde ai canoni sociali e quasi il 60% si butta sul cibo con
atteggiamento bulimico, per colmare un vuoto emotivo.
Negli ultimi anni il ricorso alla chirurgia estetica ha
coinvolto sempre di più i giovani, dai tredici anni, a causa di disagi
psicologici legati alla propria immagine o di tipo alimentare, che si cercano
di risolvere con il bisturi. Ciò può innescare un meccanismo di dipendenza nei
confronti della chirurgia estetica, con il proseguire d’interventi sempre più
importanti e di conseguenza pericolosi.
Spesso i ragazzi, nella corsa al ritocco, sono assecondati, se non addirittura
incoraggiati, dai propri genitori.
Secondo i dati dell’Isaps, la Società internazionale di chirurgia plastica estetica, l’Italia è salita al quarto posto della classifica fra i Paesi con maggior numero di ritocchi o operazioni chirurgiche mentre le statiche più recenti sui selfie, elaborate da una ricerca del Cnr (Consiglio Nazionale delle Ricerche), rilevano che l’Italia è al secondo posto nella classifica dei Paesi in cui si fanno più autoritratti digitali per poi condividerli su Instagram.
In una ricerca condotta dalla ‘Società italiana di medicina estetica’, nel 2015, con l’università
‘Magna Grecia’ di Catanzaro, è stato analizzato un campione di oltre duemila ragazzi
fra i 13 e i 18 anni: il 17,7% di loro era disponibile a un ritocco
estetico, il 15,8% delle ragazze e il 3,3% dei ragazzi avevano già usufruito
della medicina estetica o della chirurgia plastica per curare alcuni difetti.
Al primo posto fra gli interventi più richiesti c’è quello
dell’aumento del seno.
Sono aumentati anche gli interventi di ringiovanimento vaginale, richiesti da ragazze tra i diciotto e i vent’anni, che vogliono l’aspetto delle piccole e grandi labbra in linea con i canoni che dominano su internet o fra le amiche.
Nei maschi le operazioni più diffuse sono la ginecomastia e il trapianto di capelli.
La richiesta di rinoplastica è, invece, calata anche grazie allo sviluppo di tecniche meno invasive come l’utilizzo di rinofiller che correggono il naso, temporaneamente e in maniera ambulatoriale, senza anestesia e con rischi inferiori rispetto a quelli di un intervento.
Anche la liposuzione è stata sostituita dall’impiego di apparecchiature come laser e radiofrequenza, che migliorano il tono muscolare e riducono le adiposità, in maniera più semplice e meno traumatica.
Una vera e propria impennata l’ha avuta invece la tossina botulinica che permette di distendere le rughe su fronte e contorno occhi.A richiederla sono sopratutto le ragazze under 30.
Ciò che emerge da questi dati riportati è come è diventato sempre più difficile da parte dei giovani accettare il proprio corpo, con i suoi pregi e difetti, anche per colpa di canoni estetici, apparentemente perfetti, che riscuotono enorme successo sia nei mass-media che su social come Instagram. La ricerca continua di consensi porta, nell’età dei selfie, a valutare costantemente il proprio viso e corpo.
La bellezza di una persona è anche legata alle imperfezioni che la rendono particolare e non uniformata, proprio ciò che in questa patologia si vuole eliminare: un’asimmetria del volto, un’irregolarità della dentatura, del naso o altro: “L’assenza di difetti nella bellezza è di per sé un difetto”. (Henry Havelock Ellis)
Il comportamento e la personalità hanno un ruolo considerevole nel spostare l’ago della bilancia a favore della bellezza di una persona che non può e non deve essere giudicata unicamente dalle foto postate.
Il senatore del Movimento Cinque Stelle, Matteo Mantero, ha depositato un disegno di legge per permettere la coltivazione di tre piante, la detenzione di quindici grammi nella propria casa e cinque fuori, per dare un nuovo inquadramento alla cannabis light. “Ho presentato la proposta per consentire l’autoproduzione di cannabis perché legalizzare la produzione e la vendita di marijuana per uso personale è una questione tutt’altro che secondaria.” E ancora:”Molte persone sono d’accordo che sia insensato perseguire chi si fuma uno spinello, visto che la marijuana non fa male come invece l’alcol e il tabacco. Anzi, secondo una ricerca pubblicata sulla rivista “Scientific Reports” l’alcool ha indici di pericolosità centoquattordici volte superiori alla cannabis, seguito da eroina, cocaina e tabacco. Storicamente non è mai stata registrata alcuna morte dovuta all’uso di derivati della canapa”.
Sebbene non vi siano dati circa una mortalità diretta dall’uso di cannabis, negli Stati americani, dove il consumo di marijuana a uso ricreativo è legale, si è registrato, un aumento degli incidenti stradali, come riportato dalla denuncia effettuata da Automotive News. In particolare, è stato evidenziato un aumento importante nella frequenza d’incidenti in Colorado, Washington e Oregon dopo che i mercati della cannabis erano stati aperti in quegli stati, così come un aumento del numero di conducenti coinvolti in incidenti mortali e risultati positivi per la cannabis.
L’Italia è il terzo paese europeo per uso di cannabis e l’età media del primo consumo si è notevolmente abbassata: 14 anni per la cannabis e 18 anni per la cocaina e l’eroina.
Un sondaggio effettuato da Skuola.net su 7500 ragazzi tra i 13 e i 18 anni, in occasione della seconda puntata di ‘Generazione Giovani’, ha evidenziato un quadro allarmante: circa 1 su 10 ha ammesso di fare uso di sostanze stupefacenti a base di Cannabis (il 7% qualche volta, il 3% abitualmente). A questi numeri va aggiunto un 6% che le ha provate solo una volta e un 5% che, ad oggi, non ne consuma ma lo ha fatto in passato. Il motivo di un utilizzo così diffuso è risultato l’estrema facilità nel procurarsele. Tra i consumatori il 41% le trova per strada, nelle piazze di spaccio e nella scuola: il 18% dei ragazzi intervistati ha detto di comprare le droghe leggere tra bagni, cortili e corridoi del proprio istituto. La scuola rientra, inoltre, anche tra i luoghi preferiti per il consumo.
Un studio dell’Università di Montreal, in Canada, che ha coinvolto circa 3.800 adolescenti di 13 anni di età, provenienti da 31 scuole canadesi e pubblicato nella rivista American Journal of Psychiatry, evidenzia che l’usocronico della cannabis nei teenagerdetermina danni cerebrali maggiori, riguardanti sia lo sviluppo del cervello che le capacità cognitive, rispetto al consumo di alcool. I ricercatori hanno rilevato che un aumento del consumo di cannabis da parte di giovani adolescenti, in un determinato anno, è associato a un punteggio più basso nei test cognitivi, che permane anche negli anni successivi cosa che, invece, non si è verificata negli adolescenti che consumavano alcol.
Questo non vuole minimizzare gli effetti preoccupanti dell’abuso saltuario dell’alcool da parte dei giovani, che avviene comunemente con modi deviati (binge drinking ad esempio).
Sono stati eseguiti diversi studi scientifici di neuro imaging che hanno dimostrato come il consumo di cannabis in adolescenza provoca anomalie strutturali della materia grigia e della materia bianca nelle aree cerebrali associate alla velocità psicomotoria, al controllo emotivo, all’apprendimento e memoria (Arnone D et al., 2008; Ashtari M et al., 2009).
Medina e colleghi (Medina KL et al., 2007) hanno rilevato come un aumento dei sintomi depressivi nei consumatori di cannabis fosse associato a un ridotto volume della materia bianca presente in questi adolescenti. A favore di questa teoria esistono altri studi scientifici, che suggeriscono come l’uso cronico di cannabis aumenta il rischio di sviluppare sintomi depressivi, ansiosi e maniacali, depressione maggiore e disturbo bipolare, specie per i consumatori abituali che iniziano a fare uso di cannabis prima dei quindici anni (Hayatbakhsh et al 2007, Henquet et al. 2006, van Laar et al 2007).
Gruppi di soggetti consumatori cronici di marijuana sono stati sottoposti a scansioni PET durante l’esecuzione di compiti che implicavano delle scelte decisionali. I risultati hanno evidenziato che tali individui presentavano delle turbe nella capacità di decisione cognitiva; in particolare si è notato che era richiesto un maggiore sforzo cerebrale per ottenere il risultato richiesto (Silveri M. et al., 2011).
Negli adolescenti, infine, l’uso di cannabis può favorire l’insorgenza di disturbi psicotici. Ciò sembra dipendere dal fatto che il principio attivo della cannabis si leghi ai recettori cannabinoidi di tipo 1 (CB1), presenti nel cervelletto, deputato al controllo di alcune funzioni come il linguaggio, il movimento e alcune emozioni come il piacere e la paura. In tal modo il THC (Delta-9-Tetraidrocannabinolo), sostituendosi agli endocannabinoidi, molecole endogene prodotte dal nostro organismo, va a interferire con i processi in cui questi ultimi sono coinvolti, favorendo una patologia cerebellare con un quadro clinico simile alla schizofrenia.
Uno studio pubblicato nel 2016 sulla rivista medica Jama Psychiatry e un rapporto della National Academy of Sciences del 2017, affermano che oramai esistono dati a sufficienza per concludere che l’associazione tra consumo di cannabis e lo sviluppo di quadri schizofrenici o psicotici di altro genere è solida, specie per chi fuma skunk, una nuova varietà che contiene un tasso di THC pari al 15-18%. In questo caso il rischio è tre volte più alto rispetto ai consumatori di cannabis classica e se l’uso è quotidiano il rischio si quintuplica.
Il responsabile comunicazione e prevenzione di San Patrignano, AntonioTinelli, nel rilasciare alcune dichiarazioni all’Adnkronos riferisce che: “Negli ultimi anni abbiamo registrato una concentrazione del principio attivo di 10-15 volte superiore a quello contenuto nella cannabis fumata 40 ani fa, questo perché il mercato esige oggi prodotti sempre più potenti e costi sempre più bassi. Tutto ciò ha fatto registrare un tragico aumento dei minori in comunità (+70 per cento negli ultimi 3 anni) e un crollo vertiginoso dell’età media dei consumatori: il primo contatto a soli 14 anni”
Per quanto riguarda la “cannabis light”, il Consiglio superiore di sanità (Css), in un parere richiesto a febbraio dal segretariato generale del ministero della Salute e in possesso dell’Adnkronos Salute, raccomanda “che siano attivate, nell’interesse della salute individuale e pubblica e in applicazione del principio di precauzione, misure atte a non consentire la libera vendita dei suddetti prodotti“. Il Consiglio, infatti, “ritiene che la pericolosità dei prodotti contenenti o costituiti da infiorescenze di canapa, in cui viene indicata in etichetta la presenza di ‘cannabis’ o ‘cannabis light’ o ‘cannabis leggerà, non può essere esclusa”. I motivi sono riconducibili al fatto che “ La biodisponibilità di Thc anche a basse concentrazioni (0,2%-0,6%, le percentuali consentite dalla legge, Ndr) non è trascurabile, sulla base dei dati di letteratura; per le caratteristiche farmacocinetiche e chimico-fisiche, Thc e altri principi attivi inalati o assunti con le infiorescenze di cannabis sativa possono penetrare e accumularsi in alcuni tessuti, tra cui cervello e grasso, ben oltre le concentrazioni plasmatiche misurabili; tale consumo avviene al di fuori di ogni possibilità di monitoraggio e controllo della quantità effettivamente assunta e quindi degli effetti psicotropi che questa possa produrre, sia a breve che a lungo termine“.
Oltre ai danni fisici non bisogna sottovalutare i costi sociali conseguenti all’utilizzo delle droghe cosiddette leggere: ricoveri ospedalieri e mutua conseguenti a incidenti sul lavoro, autostradali o per perdita del controllo.
La richiesta di liberalizzazione delle droghe leggere, più volte portata in campo da vari politici, non è mai stata, fino ad ora, accompagnata da un progetto di massiccia campagna informativa, che coinvolga scuole e mass-media, sui danni determinati dall’abuso in età adolescenziale.
Sempre più spesso, nel mondo giovanile, tutte le sostanze stupefacenti, alcool compreso, hanno un impiego di tipo terapeutico, finalizzato a sedare il tormento, gli stati d’ansia o l’indole depressiva dell’adolescente che ne fa uso, nella piena convinzione della non pericolosità.
Negli ultimi due anni, secondo i dati che arrivano dall’Osservatorio Nazionale dell’Adolescenti i tentativi di suicidio nei teenager sono quasi raddoppiati e il suicidio è diventato la seconda causa di morte.
Pertanto, anziché avvallare abitudini che stanno devastando la vita di molti ragazzi con la scusa di combattere il traffico illegale, preoccupiamoci di riportare la voglia di vivere ai nostri giovani, ottenuta non con sostanze psicotrope ma semplicemente affrontando la quotidianità con gioia, ottimismo e voglia di realizzare i propri sogni.
Certo questo andrebbe a discapito di tutti coloro che lucrano sulla loro sofferenza e sulla loro trasformazione in zombies.
Durante la 76esima edizione della cerimonia di premiazione dei Golden Globe, ChristianBale, l’attore di Vice, ringrazia “Satana per avergli dato l’ispirazione per il ruolo”.
Inutile dire che ciò ha suscitato l’ammirazione dei satanisti; la pagina Twitter della Chiesa di Satana ha condiviso con i suoi follower l’omaggio dello speech di Bale, commentando così: “Per noi Satana è un simbolo di orgoglio, libertà e individualismo, e costituisce una proiezione metaforica esteriore del nostro più alto potenziale individuale. Così come dimostrano il talento e la capacità del signor Bale, che gli hanno fatto vincere il premio, com’è giusto che sia. Hail Christian! Hail Satana!
Sono diversi i personaggi dello spettacolo che esprimono un forte interesse per l’occulto e per il demonio, con il quale giungono, addirittura, a patti pur di ottenere quella notorietà tanto ambita.
E’ il caso di Angelina Jolie, filantropa e ambasciatrice dell’UNHCR (Alto commissariato per i rifugiati e delle nazioni unite dal 2001), e di Asia Argento, figlia del noto regista di film horror Dario Argento.
Angelina in un video ha dichiarato di aver aderito a una setta satanica.
Asia Argento al Torino Film Festival del 2017, su uno sfondo rosso, su uno sfondo rosso, ha introdotto gli spettatori a Trabalho de Concentraçao, film diretto dal regista francese Bertrand Bonello, su un tappeto di musica horror. Al centro della scena una decina di donne in maglietta bianca, gonna e piedi nudi e lei, la sacerdotessa di un rito orfico-dionisiaco: “Lady Lesbian Jesus come, and rise the dead” (Signora Gesù Lesbica, cioè vieni tra noi e resuscita i morti”) è la preghiera-mantra prima che si scateni un sabba di urla sconnesse e strilli. Infine la benedizione con tanto di “comunione pagana” che ha offerto agli spettatori, invitandoli e a farsi segnare la fronte con una croce.
Il
patto con il demonio è spesso visto dai personaggi dello spettacolo e non solo,
come lo strumento per ottenere ispirazione, fama e la risoluzione dei problemi.
A questo punto, mi chiedo, anche in Italia dovrà scendere in campo Satana a ispirare le menti dei nostri politici per risolvere la crisi? Speriamo di no, perché se sarà così, vorrà dire che siamo messi veramente male.
E’ giusto che un genitore si comporti da amico con il proprio figlio?
Per Paolo Crepet no. Secondo lui, infatti, le attuali problematiche dei giovani derivano per la maggior parte da genitori che hanno preferito il ruolo dell’amicone: ” Quando il buonismo educativo è così pregnante, non va bene. Noi non abbiamo più figli, ma piccoli Budda a cui noi siamo devoti, per cui possono fare tutto. Scelgono dove andare a mangiare, in quale parco giochi. Siamo diventati genitori che dicono sempre di si. Ma questo è sbagliato. Quando diventeranno grandi ci sarà qualcuno che gli dirà di no. Magari alla prima frustrazione amorosa. Magari al primo lavoro. I genitori vanno al primo incontro di lavoro del figlio di 26 anni. Poi c’è gente che non manda i figli all’Erasmus perché fa freddo. Sono un disastro questi genitori. Non possiamo generalizzare, ma in molti casi è così”
“Coraggio è far rispettare il proprio ruolo, mantenersi a distanza aprendo al dialogo. Insomma, abbiamo bisogno di genitori sicuri, che non siano amici dei propri figli ma padri e madri autorevoli ed inflessibili”. Paolo Crepet
Agli inizi del 2018 ho pubblicato il libro Anime Fragili, ed.Edito; nei diversi paragrafi dedicati alla musica, ai giochi, al cinema, ai fumetti, alla moda e a internet, ho riportato quali messaggi si nascondono dietro a una facciata apparentemente innocente. Lo scopo era di aprire gli occhi agli educatori e in particolare ai genitori su una realtà che se non si conosce non si può combattere.
Nelle conclusioni ho chiesto a ragazzi di età e quindi di generazione diversa di esprimere il loro parere su quanto scritto, che penso sia utile far conoscere anche a chi non ha avuto modo di leggerlo.
STEFANIA: 29 ANNI
Fin dall’antichità le mamme
nascondevano i propri figli al riparo dentro le caverne e accendevano i fuochi,
sia per allontanare le fiere sia per rendere meno buia l’oscurità.
Che cosa succede, però, se
i nemici si celano proprio nei meandri nascosti della caverna? E’ ciò che
succede nelle famiglie di oggigiorno. Forse anche all’epoca occorreva rendere
domestica la caverna, stanando ragni e serpenti, ma come difendersi quando
questi possono entrare indisturbati, perché non osservati? Fuor di metafora,
per quanto cerchiamo di tutelare noi stessi e soprattutto i nostri figli dal
“male”, i mezzi con cui questo s’insinua sono diventati sempre più subdoli.
La disponibilità d’internet
ha indiscutibilmente dato la possibilità di avere il mondo nella propria
stanza, a portata di un click, nella sua interezza, nel suo lato illuminato dai
raggi del sole e in quello avvolto dalle tenebre.
Una volta i genitori
potevano tutelare i propri figli suggerendo posti in cui era meglio non andare,
compagnie da evitare, comportamenti da non assumere; quando le strade diventano
siti navigabili segretamente, gli amici conversazioni cancellabili o protette
da password e i comportamenti frasi oscurabili, il mestiere di genitore diventa
un misto tra uno psicanalista junghiano e un agente segreto al servizio di sua
maestà.
Se anche facessimo buon uso
dello strumento che ci è fornito, la possibilità di avere a disposizione tutta
la conoscenza in un’età in cui non si è ancora costruito un filtro con cui
interpretarla, senza un mentore che ci aiuti a rinsaldare le nozioni mattoncino
su mattoncino, può essere controproducente.
La mia non è una tirata
pro-oscurantismo, anzi; ma le scuole e tanti anni passati sui libri, con
professori noiosi che ci ripetono concetti noiosi, serviranno pure a
qualcosa?La risposta è no, non ad avere un pezzo di carta per fare un concorso
pubblico. E allora? Servono a formarci una conoscenza critica, con cui
interpretare i messaggi che, ogni giorno, ci sono propinati dai media.
Questa coscienza è lunga a
formarsi e, sinceramente, quando avevo quindici anni, credevo di averla già
sufficientemente strutturata. Come tutti i giovani, nonostante la mia
convinzione, ho, però, commesso errori che mi hanno ferito e fatto comprendere
come ci fosse ancora da lavorare, dovendo, a questo punto, ripartire da qualche
gradino più basso e con i muscoli doloranti per la caduta.
Altri ragazzi sono stati più
sfortunati, forse perché accecati da più tracotanza o resi più spavaldi da
maggiori fragilità, spinti dall’idea di avere meno da perdere; per questo hanno
saltato più in alto e l’urto è stato letale.
Probabilmente alcuni di noi
nascono con la predisposizione a sfidare la sorte, spinti dalla curiosità di
conoscere l’ignoto e, talora, dall’irrequietezza del noto. Ovviamente se
nessuno avesse mai osato, Newton non avrebbe mai avuto l’intuizione della mela
che cade e Colombo non sarebbe mai ruzzolato nel nuovo continente.
Alla specie, al gene
egoista, serve qualcuno che si tuffi dalle rocce di Acapulco e all’individuo?
Forse, in qualche modo, siamo pedine del nostro genoma.
La storia ci riporta le
avventure delle persone cui è andata bene a fronte di tanti ignoti che, nel
fare il salto più lungo della gamba, sono inciampati perché il mare era pieno
non solo di pesci arcobaleno ma anche di squali, e le isole di cannibali.
E quando siamo stati feriti
dagli squali cosa è successo? Ognuno di noi avrà avuto un momento difficile
della propria vita, in cui si è sentito triste e ha trasformato questo suo
malessere in aggressività verso gli altri e l’ambiente circostante.
In queste fasi della vita è
esperienza comune trovare conforto in chi sta vivendo situazioni simili: similes cum similibus congregantur, come
dicevano i giganti che ci sorreggono sulle spalle. Ed eccoci ad ascoltare un
determinato tipo di canzone o a vedere un certo genere di film in linea con il
nostro umore. Risultato? Che ogni giorno ci affossiamo di più dentro il nostro
tormento e ci sembra più difficile venirne fuori. Parallelamente ci diventano
sempre più pedanti quei benpensanti che ci ripetono, fino alla noia, come
dovremmo comportarci in queste situazioni, loro che hanno sempre la soluzione in
tasca pronta all’uso. Infatti, apparentemente, le soluzioni ai problemi degli
altri si vendono a buon mercato in
piazza: “ duecento grammi signora, che faccio lascio?”
“Nessuno può capire il
nostro dolore, la nostra inquietudine; o forse qualcuno c’è, ma non lo conosco,
magari su internet potrei….Potrei provare a cercare qualcuno che davvero mi
capisca perché qui mi sento solo”. Eccoci, così, avviati in una spirale degna
delle peggiori geometrie di Euclide in cui, nuovamente, avere troppi strumenti
a disposizione diventa controproducente.
Che cosa può fare, quindi,
un genitore apprensivo che si rispetti? Negarli? Eh no, cari miei. Quando il
sasso inizia a rotolare deve arrivare a valle prima di fermarsi e togliere
strumenti non è mai una soluzione; semmai occorre istruirsi e istruire a
utilizzarli in modo corretto.
Viviamo in una società che
c’induce a credere che sia bravo chi impiega poco tempo e produce tanto in modo
da ottenere tutto e subito.
Tuttavia, cercare una cosa
su Wikipedia non significa averla imparata, sennò a quest’ora dovrebbero fare
una svendita di lauree ad honorem. Sebbene Cristina Parodi affermi che si può
cucinare velocemente e bene, per fare un buon ragù occorrerà sempre del tempo. Perciò
cari genitori lettori, la verità è che anche per svolgere il ruolo del genitore
non bastano quindici minuti la sera a tavola. Servono ore, giorni, mesi e anni
a parlare con i propri figli, chiedendogli dal più banale “ Com’è andata a
scuola?” al più ricercato “Cosa ti fa soffrire?”. Il buon quindicenne, il
figlio, d’altro canto reagirà sbattendo la porta e sbraitando, oppure si
chiuderà in un mutismo acinetico. Servono discorsi per intasare la testa dei
ragazzi con formati di soluzioni, cui poter attingere quando si ritroveranno
nella medesima situazione e che, col tempo, modificheranno fino a trasformarli
nei propri formati.
Serve il Didò per costruire
pupazzi. Occorre sempre una materia prima da vedere, copiare, distruggere e
infine rifare a modo proprio.
Quando non l’abbiamo, forse
ci sentiamo liberi a volte, ma anche vuoti e atterriti dal non avere punti di
riferimento.
Pertanto io vedo una
soluzione positiva per il futuro dei giovani ed è curiosità, dedizione e voglia
di mettersi in gioco, anche saltando e talvolta cadendo, ma pronti ad ammettere
l’errore e a non incolpare altri per la storta alla caviglia.
Per i genitori la soluzione
è: amore, pazienza, istruzione e tanta fatica che sarà ben ricompensata.
MATTIA: 20 ANNI
“Il popolo non ha la capacità di conoscere. D’altra parte, come potrebbe averla
dal momento che non è stato istruito?”
Così scrisse Erodoto nel lontanissimo IV secolo a. C, quando, ne “La storia politica e militare”, per bocca di Megabizio, nel confrontare le forme di governo, fece una critica della struttura democratica.
Il contesto era completamente differente, ma il concetto, oltre ad essere
più che mai attuale, è perfettamente coerente con il messaggio di questo libro:
la necessità d’informare.
L’utilizzo di Internet e dei cosiddetti “mass media”, ormai elementi base della nostra società, hanno portato a
ottenere delle informazioni in modo più semplice e immediato. Tuttavia, la
mancanza di filtri di informazione nella rete e la presenza sempre più grande
di “fake news” diventano un serio problema se l’utente non dispone della
capacità di verificarne la validità. Se a questo si accompagna la
strumentalizzazione delle informazioni da parte dei poteri mediatici, non credo
di esagerare affermando che una mente non preparata può venire prepotentemente
trasferita in una realtà diversa da quella in cui vive.
Proprio questa è la realtà in cui il
giovane viene condotto quando l’incessante simbologia occulta è accostata ad un
concetto quasi paradossale di “normalità”, tramite la sua presenza
nella moda, nella musica, nei videogiochi…
Non credo, personalmente, che lo sviluppo tecnologico vada respinto in
quanto tale; spesso vedo del bigottismo quando si dice che non bisogna a
prescindere approcciarsi a certi strumenti in cui la simbologia occulta è più
che mai presente e quando vengono colpevolizzati i ragazzi se giocano giochi violenti o ascoltano musica che non
trasmette messaggi positivi.
Tuttavia, mentre critico personalmente la proibizione, sono dell’idea che,
in un contesto in cui la realtà virtuale, con i suoi personaggi, i suoi mondi
alternativi e le sue fantasie, è sempre meno distinguibile da quella reale (al
punto che spesso nelle nostre menti tende a confondersi con essa), un controllo
genitoriale sui ragazzini, non in grado di difendersi, debba essere obbligatoriamente
presente.
DAVIDE : 18 ANNI
La vita di un figlio ha tre passaggi: infanzia, adolescenza e fase adulta. Ognuna ha le sue caratteristiche comportamentali.
Il bambino agisce d’istinto, per il puro scopo di divertirsi. In questa
fase il ruolo del genitore è fondamentale per controllare che il divertimento
del proprio figlio non coinvolga negativamente qualcun altro, nel qual caso è
d’obbligo l’imposizione di regole.
L’adolescente è formato solo in parte, ossia nella sfera “personale”: si
delinea una personalità che non sa ancora bene relazionarsi con la società; tuttavia,
in questo periodo, il desiderio d’indipendenza è molto forte, convinti oramai
di essere adulti. Il risultato è il rifiuto delle regole imposte dai genitori,
con l’unico obiettivo di sentirsi autonomi, liberi.
La fase adulta, ormai, vede un figlio educato sia nel carattere sia nel
comportamento, anche grazie all’esperienza acquisita; è, pertanto, in grado di
stabilire cosa sia corretto e cosa no, ha compreso il valore del rispetto e sa
riconoscere e dare ragione a chi ne è più saggio.
Per molti genitori viene spontaneo dire che la fase più difficile è
l’infanzia: ciò accade perché il bambino non è mai visto come responsabile
delle proprie azioni, mentre l’adolescente sì: “Ormai è grande, per cui se sbaglia
è colpa sua”. Per non parlare dei nonni: “Io alla tua età aravo i campi” e
frasi del genere.
Ognuno ha ragione a modo suo: il nonno arava i campi, i genitori erano più responsabili.
Ma oggi è il 2018 e non trent’anni fa. Il mondo è cambiato, ed è invaso dal
web, dai social networks.
Il ragazzo, o la ragazza si scontra con la realtà del mondo sempre più
precocemente, quando ancora è in grado di stabilire cosa sia giusto e cosa sia
sbagliato, agisce d’istinto, per ribellione o, peggio ancora, per divertimento.
Nessuno fumerebbe una sigaretta pensando che sia una cosa giusta, nessuno
starebbe tutto il giorno da solo a guardare video pensando sia un bene, nessuno
andrebbe a ubriacarsi in un pub pensando sia la cosa migliore da fare. E allora
perché succede ciò? Per divertimento, curiosità, ma soprattutto perché si è individuato il proprio “leader” in
chi basa la propria vita su queste cose.
Tutti quanti hanno avuto bisogno di un modello da emulare in fase di
crescita, nessuno si educa da solo e il miglior leader per un adolescente è il
proprio genitore, perché è l’unica persona che gli insegnerà la giusta strada
da intraprendere per il suo bene. Questo alcuni l’hanno capito, ma pochissimi
sanno fare la cosa giusta.
Leader non vuol dire amico: il genitore è il genitore, l’amico è l’amico, non mischiate le cose; leader non vuol dire dittatore; bisogna lasciare il dovuto spazio al proprio figlio, altrimenti la stima diventa paura, e appena c’è la possibilità di andare contro le regole, sarà fatto. Leader vuol dire fonte d’ispirazione.
Il problema odierno è questo: chiedete a vostro figlio, bambino o adolescente, chi sono i suoi “idoli”. Vi anticipo un paio di categorie possibili:
Uno youtuber
Un trapper
Se una di queste due risposte sono vere, o comunque in parte rispecchiano
una fonte di educazione di vostro figlio, sappiate ciò: lo youtuber fa del
gaming (videogiochi) la propria vita, spesso non ha nemmeno un diploma, fa
degli insulti o del “rage quitting” il proprio intrattenimento (rabbia,
parolacce, bestemmie), e porta i giovani a vivere una vita statica.
Il trapper fa della marijuana la propria vita, va male a scuola, o spesso la
abbandona per lavorare, fa del “dissing” (frasi mirate a offendere), della
violenza e della ribellione il proprio intrattenimento.
A voi le conclusioni.
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Soprannominato dalla stampa come “l’uomo più cattivo della storia”, amava essere definito la “ Grande Bestia 666” e il messia di una nuova era, l’Eone di Horus.
Chi era Aleister
Crowely?
Crowely nacque in
una famiglia religiosa e benestante; il rapporto con la madre fu molto
conflittuale e il suo disprezzo verso di lei fu tale che ella iniziò a chiamarlo “la bestia”, soprannome che utilizzò
tutta la vita.
All’età di undici
anni perse il padre e andò al Trinity College di Cambridge, periodo in cui
cominciò a ribellarsi al cristianesimo e a sviluppare il suo interesse per
l’occultismo, le società segrete, l’omosessualità e per quello che sarà
chiamata Sex Magick.
Nel 1898 entrò
nell’Ordine Ermetico della Golden Dawn, conosciuta come la “Grande Fratellanza
Bianca”, dove fu introdotto alla magia cerimoniale e all’uso delle droghe.
Durante la luna di
miele in Egitto con la sua nuova moglie, scrisse il Liber legis, il “Libro della Legge”, pietra angolare della sua
vita, che a suo parere avrebbe portato a un’evoluzione della coscienza nella
Terra. Un ricettario di formule occulte, alcune dichiarate, altre velate nel
cifrario cabalistico.
Questo libro
divenne la base per la sua dottrina filosofica, il Thelema, in cui le tre idee chiavi erano:
Fai ciò che vuoi sarà tutta la legge;
L’amore è la legge, amore sotto la volontà;
Ogni uomo e ogni donna sono una stella.
Nel suo libro scrisse:
“ io sono il Serpente che dona la Conoscenza e il Piacere e gloria fulgida, ed
eccita i cuori umani con l’ebbrezza. Per adorarmi prendete vino e strane droghe
di cui narrerò al mio profeta e inebriatevene…. Sii forte uomo! Desidera, godi
ogni cosa dei sensi e dell’estasi: non temere che alcun Dio possa punirti per
questo”.
Il Thelema (in
greco significa volontà) descriverebbe lo spirito dei prossimi duemila anni:
nell’età di Horus ci sarà l’abolizione del concetto di un Dio esterno a noi
stessi e la consapevolezza dell’identità dell’uomo con Dio. Obiettivo
principale sarà la realizzazione della propria volontà, indipendentemente dalle
barriere etiche, in accordo con la visione del satanismo razionalista: “Il
diavolo non esiste” perché “non c’è altro Dio che l’uomo”.
Questo suo
comportamento estremo, libertino, privo di regole morali furono la causa della
sua fama di “satanista”.
L’esagramma Unicursale fu il simbolo principale del Thelema
Il suo lavoro successivo, Book of Lies, attirò l’attenzione del capo dell’Ordo Templi Orientis (OTO); in breve tempo divenne un iniziato all’ordine e in seguito Gran Maestro dell’OTO, grazie alla sua conoscenza della magia sessuale. Crowely introdusse quella omosessuale, accessibile solo ai gradi più alti in quanto, a suo parere, era il rituale più potente.
La magia sessuale
fu identificata come “forza vitale” o “kundalini”, attraverso la quale
l’iniziato poteva raggiungere i più elevati livelli di spiritualità.
L’impatto di
Aleister Crowely sulla musica è evidente sia attraverso i riferimenti diretti
alla sua persona che alla sua filosofia. Molte star musicali degli anni 70 e
non solo si sono ispirate alla filosofia di Thelema trasmessa dall’occultista:
“Fa’ ciò che vuoi sarà tutta la tua legge”.
Nel mondo dello
spettacolo Crowely è ed è stato considerato un guru.
I Beatles inserirono una sua foto nella cover di Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band. Il
batterista Ringo Starr, all’epoca, disse: “Abbiamo pensato di raggruppare i
volti delle persone che amiamo e ammiriamo”.
Jimmy Page dei Led Zeppelin non fu solo un
collezionista di tutto ciò che apparteneva ad Aleister Crowley (manoscritti,
tuniche, cappelli, bastoni e i suoi tarocchi) ma acquistò, addirittura, nel
1970 il cottage dove aveva vissuto: Boleskine
House a Loch Ness, in Scozia. Per riportarlo allo stato in cui era quando
Crowley eseguiva i suoi rituali, Page assunse il satanista Charles Pace,
affinché lo dipingesse con i simboli della magia rituale.
Crowley lo acquistò nel 1900 perché si prestava a uno specifico rituale magico, in cui era indispensabile la presenza di acqua, di montagne e di un edificio orientato in una certa direzione. Page definì l’occultista
“il genio incompreso del XX secolo” e di lui disse: “Era un maestro del male …credo
che Aleister Crowley sia un personaggio assolutamente attuale. Stiamo ancora
tutti cercando la verità: la ricerca continua”.
David Bowie fu ossessionato da Crowely negli anni
Settanta. Il biografo di Bowie, Henry Edwards, descrisse la sua ossessione nei
confronti dei rituali e dei mantra dell’occultista al punto che conservava le sue urine nel frigorifero, etichettate su consiglio della
«Grande Bestia 666».
Nella canzone Quicksand (sabbia mobile) egli descrisse la sua passione per Crowely: “ I’m closer to the Golden Dawn, immersed in Crowely’s uniform of imagery” (sono più vicino alla Golden Dawn, immerso nell’uniforme dell’ìmmaginario di Crowly). Anche nella sua ultima opera musicale Blackstar sembra evidente un richiamo alla figura dell’occultista, che aveva impregnato il suo album Station to Station. Come confermato dal video, le sue prime parole sembrano alludere a un rituale occulto: “In the villa of Ormen/Stands a solitary candle/In the centre of it all/Your eyes”. Del resto il regista del video Johan Renck affermò: “Sono un grandissimo fan di Crowley, lo sono sempre stato. Amo Crowley per essere stato un uomo audace a un certo punto del suo tempo. Penso che sia stato grandemente frainteso. Era un bravo ragazzo, ma è stato presentato come un uomo malvagio, e non lo era”.
Il gruppo Rolling Stones fu introdotto
all’occultismo da Kenneth Anger, un sacerdote satanista che era seguace e
“erede spirituale” di Crowley e amico di Anton La Vey, l’autore della
“bibbia satanica” e capo della chiesa di Satana.
Alice Cooper e Ozzy
Osbourne avrebbero eletto come icona la “Grande Bestia 666”, affascinati
dalla sua condotta ribelle e priva di etica morale. A lui Ozzy dedicò la
canzone “Mr Crowley” in cui si esalta il satanista inglese.
Osbourne definì
Crowley “un fenomeno del suo tempo”.
Daryl Hall ammise di essere un seguace di Crowley:
“Sono rimasto affascinato da Aleister Crowley, il mago inglese del XIX secolo
che insegnò certe credenze… Fui attratto da lui perché la sua personalità era
l’equivalente del tardo diciannovesimo secolo della mia, essendo cresciuto in
una famiglia convenzionalmente religiosa e facendo tutto ciò che poteva per
oltraggiare le persone che vivevano attorno a lui e anche se stesso”.
Stiv Bators, cantante dei The Dead Boys e dei Lords of the
New Church («Signori della nuova chiesa»), scrisse un brano intitolato Do What Thou Wilt/ This Is the Law («Fa
ciò che vuoi/ Questa è la Legge»), rifacendosi alla filosofia del satanista
Aleister Crowley.
Cantanti famosi
come Frank Zappa e Maria Callas non furono immuni dal
fascino dell’occultista e dai suoi scritti.
Sul retro
dell’album 13, Jim Morrison
e gli altri membri dei Doors si
immortalarono attorno al busto di Aleister Crowley.
Iron Maiden, Sting, Jhon Frusciante,Marylin Manson, i Current 93 appartengono alla lunga lista di cantanti seguaci della sua figura. Il brano Crowleymass di quest’ultimo gruppo, “La messa di Crowley”, ridicolizza Gesù Cristo e il suo compleanno valorizzando invece quello di Crowley: “Bene, puoi prendere i tuoi tre re saggi, la tua mangiatoia, ed ehi! E ti dirò anche perché Perché i thelema-boys stanno prendendo il sopravvento con la notizia del compleanno della bestia”.
“LA PAROLA DEL PECCATO è Restrizione, fà ciò che vuoi sarà tutta la tua Legge….. Non hai altro diritto che compiere la tua Volontà”, ogni porzione di energia che lo Strumento è capace di sviluppare dovrà venire diretta verso il compimento di quella Volontà ” ( Ordo Templi Orientis).
Attraverso un’ispirazione per lo meno discutibile, alcuni dei musicisti di maggior successo, degli anni che hanno formato la mia generazione, sono riusciti, complice la musica, a trasmettere alcuni dei fondamenti del pensiero Crowleiniano, con conseguenze imprevedibili soprattutto per la pericolosità di alcuni suoi contenuti.
Sento, perciò, l’obbligo di trasferire più conoscenza possibile, aumentando con essa la consapevolezza di ognuno, per potersi difendere da forme di cultura troppo spesso intrise di malvagità.
“ La conoscenza della conoscenza obbliga. Ci obbliga a tenere un atteggiamento di permanente vigilanza contro la tentazione della certezza, a riconoscere che le nostre certezze non sono prove di verità, come se il mondo che ciascuno di noi vede, fosse ilmondo e non un mondo con cui veniamo a contatto insieme ad altri. Ci obbliga perché, sapendo di sapere, non possiamo negare ciò che sappiamo”.
Uno
dei versetti più citati della Bibbia è quello dell’Apocalisse 13:16-18:
“Inoltre obbligò tutti, piccoli e
grandi, ricchi e poveri, liberi e schiavi, a farsi mettere un marchio sulla
mano destra o sulla fronte. Nessuno poteva comprare o vendere se non portava il
marchio, cioè il nome della bestia o il numero che corrisponde al suo nome. Qui
sta la sapienza. Chi ha intelligenza, calcoli il numero della bestia, perché è
un numero d’uomo; e il suo numero è seicentosessantasei”.
Che cosa descrive in sostanza? Che nessuno potrà comprare o vendere senza un marchio posto sulla mano destra o sulla fronte con il nome della bestia o il numero 666 che lo identifica.
Il 2 marzo 1999 è
rilasciata una patente all’invenzione di un sistema: Metodo di verifica d’identità nelle
transazioni finanziarie ossia il CHIP sotto pelle.
Di cosa si tratta? Di un mini congegno elettronico che misura 7 mm di lunghezza e 0.7 mm di larghezza in grado di contenere 250.000 dati, sia in entrata sia in uscita, letti con uno scanner, dotato di una batteria ricaricabile al litio, che avviene automaticamente con le fluttuazioni della temperatura. A tale scopo s’identifica la fronte umana o il dorso della mano destra come punti più adeguati da utilizzare per l’impianto nel sottocute , aree in cui si ha la massima captazione della variazione termica.
Quali sarebbero i vantaggi di questa procedura che si esegue con una semplice iniezione sottocute e dal costo di 140 euro? La possibilità di avere un badge incorporato che permette di sostituire le chiavi, di aprire e chiudere le porte, di pagare senza l’utilizzo delle carte di credito, di accedere al pc, a cure sanitarie, di essere riconosciuto senza uso di documenti.
Già diffusa negli Usa, dove la Three Market Square, del Wisconsin, fu la prima impresa a proporre l’inserimento volontario nelle mani dei dipendenti, trasformandoli in lavoratori- cyborg.Ultimamente sta trovando credito anche in Europa.
In Belgio la Newfusion, un’azienda di Marketin aziendale, ha fatto impiantare ad alcuni dipendenti il microchip al posto del badge.
Solo in Svezia sono state più di 4000 le richieste per l’impianto di dispositivi contactless al punto che le industrie del settore, come la BioHaxInternetional, non sono state in grado di far fronte alle domande.
Si stima che sarebbero circa 30-50 mila le persone dotate di questo dispositivo a livello mondiale.
La sera di Santo Stefano, il Tg delle ore 20 ha messo in onda un servizio dedicato al microchip sottocutaneo, oggetto di successive polemiche.
Secondo i complottisti, infatti, questa procedura sarebbe un passo in avanti per il controllo mentale della popolazione.
Il microchip ha trovato impiego anche nell’ambito medico per il controllo del peso. Il dispositivo sarebbe, infatti, in grado di placaregli attacchi di fame nel soggetto obeso.
In
questo caso non è richiesto l’uso delle batterie perché la carica si determina per
mezzo degli impulsi elettrici che derivano dai movimenti di digestione dello
stomaco.
Questo futuro
di cyborg descritto e immaginato in tanti film cult degli anni 80/90
(Terminator, Matrix, Blade Runner…) sembra essere molto più reale e vicino di
quanto ognuno di noi avrebbe mai immaginato.
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