Nell’ultimo decennio sta prendendo sempre più piede tra i giovani il “binge drinking”, ossia l’assunzione compulsiva di enormi quantità di alcol (oltre 60 grammi) che avviene bevendo 4-5 drink in modo consecutivo e rapido, così da ottenere il cosiddetto “sballo”.
Si stima che quest’abitudine coinvolga circa il 15% dei ragazzini di 15 anni, dai quali è utilizzata, spesso, come “rito” di legame e di passaggio a un mondo adulto. L’alcol facilita apparentemente le relazioni sociali, attraverso sintomi come l’euforia e la disinibizione; per tale motivo il ragazzo gli può attribuire un ruolo importante per la soddisfazione delle proprie aspettative, in particolare il rafforzare la propria identità ed autonomia.
La personalità giovanile più a rischio presenta determinate caratteristiche: l’impulsività, la ricerca di sensazioni forti , la bassa autostima e un’affettività negativa. Altro fattore predisponente è l’appartenenza a una famiglia in cui esiste un forte consumo di alcol.
Uno studio pubblicato sulla rivista Scientific Reports ed effettuato da ricercatori della Fondazione Policlinico Universitario Gemelli Irccs evidenzia come questa moda potrebbe portare allo sviluppo negli anni di “alcol-dipendenza”, rischio che aumenterebbe con la frequenza di questa modalità di comportamento.
Si è inoltre evidenziato come il 17% degli accessi in pronto soccorso per intossicazione acuta alcolica sono ragazzini con un’età inferiore ai 14 anni. E’ il dato rilevato dalle statistiche dell’Osservatorio Nazionale Alcol e del Ministero della Salute.
Normalmente il fegato di un soggetto adulto può metabolizzare circa 6 grammi/ora di alcol; un bicchiere di vino, 300 ml di birra a 4,5° o 40 ml di superalcolico a 40% ne contengono 12. La quantità eccedente i 6 grammi è responsabile dell’alcolemia, ossia della presenza di alcol nel sangue.
L’organismo degli adolescenti non ha ancora completamente sviluppato il corredo enzimatico deputato a metabolizzare l’etanolo, un processo che giunge a compimento intorno al 21esimo anno di età. Pertanto, qualsiasi quantità di alcol assunta in giovane età circola immodificata nel sangue, provocando non solo danni al fegato ma anche al cervello.
L’alcol, infatti, è un solvente in grado di sciogliere i grassi; una volta superata la barriera emato-encefalica e raggiunto il cervello, porta via i lipidi di membrana neuronale, determinando la morte cellulare. Il danno coinvolge, in particolare, la corteccia prefrontale, struttura dove hanno sede le funzioni come, ad esempio, la pianificazione dei comportamenti sociali e i meccanismi di gratificazione e punizione, e l’ippocampo, responsabile dell’apprendimento e della memoria.
La perdita progressiva dei neuroni è tanto più pronunciata quanto più lungo è il periodo di abuso; il risultato che porta è la prevalenza di comportamenti impulsivo-compulsivi a discapito della razionalità.
In una società che pretende il massimo dalle persone, sono sempre più i giovani che usano l’alcol come doping quotidiano, come lo dimostra non solo l’incremento del binge drinking, ma anche mode come l’eye balling, il pub crawl, la drunkoressia e la neknomination.
Questi segnali devono essere colti dagli adulti ( insegnanti, istituzioni e non solo genitori), che hanno il dovere di porre rimedio e non ignorare il problema come troppo spesso avviene.